Ecco come intervenire sugli immobili vuoti per ridurre l'emergenza abitativa
L'Istat parla chiaro: le case non occupate in Italia sono 9.581.772 e corrispondono al 27,2% delle abitazioni complessive. Un numero considerevole e sul quale intervenire per fronteggiare l'emergenza abitativa, che sta colpendo in particolar modo il comparto delle locazioni. Ma come agire? In audizione alla Commissione Ambiente della Camera, nell'ambito dell'esame del Ddl Programma nazionale edilizia, la Fimaa ha avanzato le sue proposte. idealista/news ne ha parlato con Maurizio Pezzetta, vice-presidente vicario della Federazione Italiana Mediatori Agenti Affari.
Cosa sta accadendo al mercato delle locazioni?
Nel comparto delle locazioni si è creata un'emergenza abitativa gravissima, ma non è stata causata dalle locazioni turistiche e brevi, non sono queste il problema, perché rappresentano circa il 2% degli immobili abitativi in Italia e solo nelle città d'arte arrivano a sfiorare circa il 6%.
In questa situazione, dove andare a recuperare le case? Sicuramente negli immobili vuoti.
Secondo i dati Istat, ci sono 9,5 milioni di abitazioni non occupate. Significa che i proprietari di questi immobili non hanno voluto mettere la propria casa né sul mercato delle case vacanze, né su quello delle locazioni brevi, né su quello delle locazioni lunghe.
Chiaramente, ci sarà sempre una percentuale di immobili che non andrà sul mercato, ma su un totale di 9,5 milioni si può certamente intervenire per contribuire a risolvere il problema dell'emergenza abitativa. Un problema che, secondo noi, deve essere affrontato in modo articolato e sinergico, perché sono molteplici gli aspetti sui quali intervenire.
Ma in che modo? Quali sono le vostre proposte?
Bisogna ricordare, innanzitutto, che la proprietà è privata e quindi ogni privato cittadino ha il diritto di trarre il miglior rendimento da quello che è il frutto dei propri sacrifici; poi, che bisogna dare la certezza di poter rientrare in possesso del proprio immobile una volta scaduto il contratto e, quando ciò non dovesse avvenire, se l'inquilino diventasse moroso e interrompesse di corrispondere il canone di locazione concordato, il locatore non dovrebbe più pagare da subito le tasse sui redditi non percepiti, senza dover aspettare la sentenza esecutiva di sfratto, a nostro parere.
Più nel dettaglio:
bisogna rivedere la normativa sulle locazioni ormai obsoleta e quindi fuori tempo per le esigenze attuali;dare ai contratti di locazione ordinari lunghi la possibilità di avere una redditività maggiore, intervenendo sulla riduzione della pressione fiscale; rendere i contratti di locazione, che oggi hanno una durata troppo rigida e lunga, più flessibili e sicuri;dare certezze per rientrare in possesso dell'immobile alla scadenza contrattuale prevista, o - ancor peggio - in caso di morosità fare in modo che il contratto di locazione sia di per sé un titolo esecutivo;istituire - come avviene in altri Paesi come ad esempio gli Stati Uniti, ma anche in Italia per il mercato creditizio (Crif) - una banca dati che registri le morosità nelle locazioni e che vada ad evidenziare il merito locatizio di un conduttore;come già detto, non far pagare tasse e imposte sui redditi non percepiti;aumentare il numero degli ufficiali giudiziari;inserire agevolazioni per i proprietari che locano a categorie svantaggiate, ma anche con contratti di locazione lunghi;riduzione dell'Imu al 50% per chi loca con un contratto abitativo ordinario ed esenzione totale per chi stipula contratti di locazione a canone concordato;permettere di applicare la cedolare secca anche se un privato loca a un'impresa, perché aiuterebbe la collocazione abitativa di lavoratori fuori sede, che sono oltre 5 milioni in Italia.Queste ed altre soluzioni che abbiamo presentato renderebbero i proprietari degli immobili più propensi a mettere i beni nel mercato delle locazioni.
Queste proposte, a vostro avviso, vengono adeguatamente ascoltate?
Quando siamo stati convocati per l'emergenza abitativa, queste proposte le abbiamo presentate alla Commissione emergenza prezzi del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e le illustriamo in ogni contesto pertinente al quale partecipiamo. Come Fimaa abbiamo anche presentato una memoria, ma c'è da dire che su questo delicato argomento, siamo tutte in linea come Federazioni di categoria e quindi abbiamo rappresentato anche come Consulta proposte che sono totalmente condivise da noi tutte.
Ci auguriamo che le nostre proposte vengano ascoltate e prese in considerazione, ma purtroppo mi rendo conto che c'è una grande lentezza nel recepire le soluzioni che vengono sottoposte da chi opera sul mercato quotidianamente. E talvolta queste soluzioni non vengono analizzate con grande attenzione.
Queste problematiche andrebbero affrontate ad ampio respiro, con la volontà di cercare la soluzione in queste indicazioni.
Ci vuole una volontà a comprendere che il problema casa va affrontato sotto ogni sfaccettatura.
Come vi state adoperando, in particolare, per far sentire la vostra voce?
A livello europeo è stata creata una Commissione per il Piano Casa. In questo quadro, quello che non vogliamo è che arrivi qualche normativa a trazione nord-europea in un Paese come il nostro che ha una sua situazione urbanistica, immobiliare, di mercato completamente diversa da quella degli altri Stati. Stiamo quindi cercando di avere come Fimaa, ma anche come Consulta con le altre Federazioni, un'interlocuzione con i membri italiani della Commissione per rappresentare quelle che sono le esigenze dell'Italia, che non devono essere confuse con le esigenze, sempre importanti, ma magari diverse, di altri Paesi.
Una problematica come quella della casa, che è una problematica sociale, deve essere affrontata in maniera diversa in ogni Paese.
Ci può essere un piano comune su quello che è l'interessamento, il fatto di pianificare interventi che riguardano l'aspetto urbanistico, regolamentare, locativo, che può essere uguale per tutti come indirizzo, ma come specificità devono essere salvaguardate la sovranità e le esigenze di ogni Paese.
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